
Arriva la riforma per tutelare l’artigianato e le botteghe nei centri storici

Il mondo dell’artigianato italiano si prepara a cambiare volto. Una riforma strutturale, attesa da quarant’anni, è ora all’esame del Parlamento e potrebbe segnare la fine della legge quadro 443, risalente al 1985. L’obiettivo è chiaro: modernizzare il settore eliminando vincoli che hanno finora ostacolato la crescita delle microimprese artigiane, senza intaccarne l’anima fondata sulla manualità e sul valore del prodotto.
Tra le principali novità in discussione, spicca la possibilità per gli artigiani – in particolare quelli del comparto alimentare – di vendere i propri prodotti senza dover richiedere una licenza commerciale. Una proposta che mira a superare le attuali discrepanze normative tra le Regioni e ad agevolare soprattutto le piccole realtà produttive locali.
Inoltre, il limite massimo di 18 dipendenti sarà portato a 49, favorendo così una maggiore espansione delle imprese senza costringerle a trasformarsi in società di capitali. «C’è l’esigenza di aggiornare le regole. Oggi chi fa l’artigiano è ghettizzato da una serie di paletti che lo costringono, se vuole crescere, a emigrare all’estero», ha dichiarato al Messaggero Marco Granelli, presidente di Confartigianato.
Una delle richieste più innovative è l’inclusione tra i soci anche di figure non manuali, come investitori di capitale o professionisti che si occupano di design e progettazione. Attualmente la normativa prevede che solo chi partecipa materialmente alla produzione possa ricoprire ruoli di responsabilità, un limite considerato anacronistico.
«Non vogliamo fare contrapposizioni con altri tipi di imprese – ha sottolineato ancora Granelli – ma solo facilitare le nostre sfide attuali, mettendo sempre al centro il valore del prodotto artigiano».
Le proposte sono sostenute da Fratelli d’Italia, in particolare dal senatore Giorgio Salvitti, che ha presentato gli emendamenti all’interno del Disegno di legge annuale sulle PMI. Previsti anche nuovi strumenti per facilitare l’accesso al credito e promuovere le reti d’impresa.
In parallelo, alla Camera prende corpo un altro disegno di legge, proposto dalla Lega e firmato da Riccardo Molinari, per la creazione di zone commerciali nei centri storici. L’obiettivo è tutelare le botteghe artigiane nei piccoli Comuni, sostenendole con un fondo annuale da 300 milioni di euro.
L’iniziativa ha ottenuto aperture da parte dei Comuni, ma ha sollevato perplessità da alcune Regioni, che temono un ritorno a logiche centralistiche. Tuttavia, l’idea dei “distretti artigiani all’aperto”, che coniugano commercio e valorizzazione del patrimonio urbano, sembra destinata a entrare nel dibattito politico e culturale sul rilancio del made in Italy.