
Dazi USA, allarme di Confartigianato: export in calo, a rischio 33mila posti

La stretta tariffaria decisa dagli Stati Uniti rischia di colpire in modo duro le micro e piccole imprese italiane, già messe alla prova dai costi di trasporto e dalle difficoltà nelle catene di approvvigionamento. Secondo le stime di Ice e Istat, sono circa 6mila le imprese vulnerabili, con oltre 140mila addetti coinvolti. Di queste, l’80% è costituito da piccole aziende a gestione familiare, particolarmente esposte ai contraccolpi del nuovo protezionismo americano.
Confartigianato avverte che i dazi al 15% potrebbero comportare un calo dell’export fino a 3 miliardi di euro e la perdita di 33mila posti di lavoro, gran parte all’interno di micro e piccole realtà produttive. Settori chiave del made in Italy – dalla moda al legno-arredo, dall’alimentare alla meccanica, fino a occhialeria, valigeria e oreficeria – rischiano di subire le conseguenze più gravi.
Per Luigi Granelli, presidente di Confartigianato, il prezzo da pagare sarà alto non solo per chi opera in autonomia, ma anche per le piccole aziende integrate nelle filiere dei grandi gruppi esportatori. «Serve diversificare i mercati guardando a Sud America, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, e rafforzare le reti d’impresa con il supporto di Ice, Sace, Simest e del sistema camerale», ha dichiarato al Messaggero.
Al pericolo dazi, inoltre, si somma l’effetto collaterale della sovrapproduzione cinese: i prodotti a basso costo che non troveranno sbocco negli Usa rischiano infatti di riversarsi in Europa, aumentando la concorrenza per le imprese italiane già fragili.
Un’altra conseguenza riguarda il commercio al dettaglio. Negli Stati Uniti, colossi come Walmart, Amazon e T.J. Maxx hanno assorbito i costi dei dazi grazie a economie di scala, offrendo prezzi competitivi e conquistando quote di mercato a scapito delle realtà più piccole. Walmart ha deciso di accollarsi i rincari, Amazon ha ridotto tempi e costi di consegna, mentre T.J. Maxx ha comprato le scorte invendute da altri rivenditori.
In Italia si teme che la stessa dinamica possa penalizzare il commercio di prossimità, già colpito dalla desertificazione dei centri storici e dal calo demografico. Mariano Bella, direttore del Centro studi di Confcommercio, sottolinea: «In dieci anni hanno chiuso oltre 120mila negozi. I dazi peggioreranno la situazione, riducendo la capacità di spesa degli italiani e allontanando i turisti americani, da sempre tra i più generosi nello shopping».
Il nuovo clima protezionista rischia dunque di impoverire tanto i consumatori quanto le imprese, generando effetti a catena su export, occupazione e turismo. In un mondo che alza barriere commerciali, le piccole realtà italiane sembrano le più esposte e vulnerabili. La sfida sarà trovare nuove strade di crescita e collaborazione, per non vedere svanire parte di quel patrimonio produttivo che rappresenta il 95% del tessuto imprenditoriale nazionale.