
Xi, Putin e Modi puntano ad un nuovo ordine globale – I leader di Cina, Russia e India rivendicano un “vero multilateralismo”. L’analisi del summit a Tianjin

Il vertice di Tianjin ha offerto un’immagine chiara delle ambizioni geopolitiche di Cina, Russia e India, decise a proporre un nuovo modello di governance globale. L’incontro, organizzato per il 25° anniversario della Shanghai Cooperation Organization (SCO), ha riunito Xi Jinping, Vladimir Putin, Narendra Modi e i rappresentanti di altri 22 Paesi non occidentali. Il messaggio lanciato dal leader cinese è stato netto: il Sud globale deve assumere un ruolo centrale nella costruzione di un “multilateralismo autentico”, capace di superare logiche di dominio e schemi da Guerra Fredda. Pechino ha promesso risorse concrete: 2 miliardi di yuan in aiuti diretti ai membri della SCO e 10 miliardi di prestiti in tre anni alla loro banca di sviluppo.
Il summit è stato anche l’occasione per rafforzare narrazioni politiche e storiche alternative a quelle occidentali.
Nel comunicato finale, l’organizzazione ha ribadito l’importanza di una lettura “corretta” della Seconda guerra mondiale, sottolineando i ruoli decisivi di Cina e Unione Sovietica nella sconfitta di Germania e Giappone. Non a caso, molti leader hanno scelto di restare a Pechino per la parata militare dedicata agli 80 anni dalla fine del conflitto, alla presenza anche di Kim Jong-un.
Il ruolo di Putin
“Il vertice ha offerto a Vladimir Putin un palcoscenico ideale – scrive Alessia De Luca, analista per ISPI, Istituto per gli studi di Politica internazionale – ” Durante il suo discorso, il presidente russo ha difeso la decisione di invadere l’Ucraina su vasta scala all’inizio del 2022, sostenendo che il conflitto fosse “il risultato di un colpo di stato a Kiev, sostenuto e provocato dall’Occidente, in riferimento alle sanguinose proteste di Euromaidan del 2014, che si sono concluse con la destituzione del presidente alleato del Cremlino Viktor Yanukovych. “La seconda causa della crisi sono i continui tentativi dell’Occidente di trascinare l’Ucraina nella NATO” ha aggiunto Putin. Già passato il presidente russo aveva lanciato accuse analoghe senza fornire prove, ma il contesto odierno è differente: a tre anni e mezzo dall’inizio del conflitto Putin non è affatto isolato sulla scena internazionale. Anzi, in qualità di ospite d’onore ad un vertice a cui erano presenti decine di leader mondiali, ha colto l’occasione di ribadire la sua narrativa sulla guerra, nel plauso generale. Intanto, l’ultimatum di Washington a Mosca per i negoziati con Kiev era scaduto senza alcuna conseguenza. A Tianjin, inoltre, Mosca e Pechino hanno firmato un accordo per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2, un progetto che potrebbe rimodellare i flussi energetici globali. Tuttavia – secondo il Financial Times – il documento definisce solo i termini generali, senza fornire dettagli sui prezzi, per anni il principale ostacolo nei negoziati”.
“Oltre a Vladimir Putin, tra i partecipanti più attesi alla SCO – prosegue l’analisi di ISPI – ” figuravano anche il Primo Ministro indiano Narendra Modi e il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Si è parlato molto della visita di Modi in Cina – la prima in sette anni – proprio perché avvenuta mentre i rapporti tra India e Washington sprofondano, dopo che Trump ha raddoppiato i dazi sulle esportazioni indiane al 50%, citando il rifiuto di Delhi di interrompere gli acquisti di petrolio russo. “India e Russia hanno una partnership privilegiata” ha sentenziato Modi nel suo intervento e, con buona pace del consigliere di Trump, Peter Navarro, che aveva definito il conflitto in Ucraina “la guerra di Modi” e l’India “la lavanderia del Cremlino”, ha invitato Putin in India il prossimo dicembre. Anche sul fronte indo-cinese, segnato da una lunga disputa sul confine himalayano, controversie commerciali e dal sostegno della Cina al Pakistan, Tianjin ha inviato inequivocabili segnali di disgelo. Secondo quanto riportato dai media statali, Xi ha affermato che i legami con New Dehli potrebbero essere “stabili e di vasta portata” se entrambi si concentrassero sul considerarsi reciprocamente come partner anziché come rivali. Nel corso del vertice Xi, Putin e Modi sono stati visti più volte chiacchierare, affiancati dai loro interpreti ufficiali. Un’immagine potente che segna la fine di decenni di sforzi diplomatici volti a fare dell’India un contrappeso strategico all’ascesa cinese.
“Mentre il Washington Consensus scricchiola sotto i colpi della politica trumpiana, Pechino ha abilmente sfruttato la due giorni per presentarsi come pilastro di una governance globale alternativa. “Lo spirito di Tianjin”, come l’ha definito Xi Jinping, rappresenta circa metà dell’economia globale, 25 Paesi membri e il 40% della popolazione mondiale. Il momento appare propizio: la Cina prova a raccogliere consenso mentre Trump porta acqua al suo mulino; la guerra dei dazi voluta dal tycoon ha colpito mezzo mondo, partner e non, inimicandosi potenziali alleati nella partita contro Pechino. Da migliaia di chilometri di distanza, l’Europa, ostaggio della propria dipendenza dagli Stati Uniti a causa della guerra alle porte, ha seguito il vertice di Tianjin con timore. Gli europei sembrano aver perso la capacità di incarnare una “terza via” da contrapporre al mondo di Trump e a quello caldeggiato dal triumvirato di altrettante potenze nucleari che possono contare, rispettivamente, sul secondo, terzo e quarto esercito più grande del mondo. I sorrisi e le strette di mano a favore di telecamere hanno fornito un messaggio potente: dal caos nutrito da Donald Trump emergerà un nuovo ordine di cui l’Occidente rischia di essere solo spettatore”.
La tabella ISPI