
Chiusura Traforo Monte Bianco: rischio perdita 11 miliardi per le imprese italiana. Marco Gay: “E’ inaccettabile”
Dal 2 settembre al 12 dicembre 2025 il traforo del Monte Bianco sarà chiuso per lavori di manutenzione straordinaria. L’intervento rientra in un programma che prevede ulteriori stop di tre mesi ogni anno fino al 2050. Uno scenario che allarma le imprese del Nord-Ovest: secondo le stime, in 18 anni di interruzioni le aziende italiane rischiano perdite fino a 11 miliardi di euro.
E fioccano le critiche. Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte, sottolinea come i disagi siano immediati e tangibili: migliaia di camion vengono deviati ogni mese sul Frejus, con ripercussioni pesanti sul traffico e sulla logistica. A questo si aggiunge l’incertezza che scoraggia gli investitori e rallenta la competitività del sistema produttivo. Amalberto ricorda inoltre che dal 2002 una parte dei pedaggi è stata accantonata per finanziare il raddoppio del traforo, un’opera che, se avviata, potrebbe essere realizzata in meno di vent’anni.
Duro anche il commento di Marco Gay, presidente dell’Unione Industriali di Torino, che denuncia una gestione inadeguata e chiede decisioni immediate: “Comincia un altro settembre con la solita chiusura. E si continua a procrastinare un’opera ineludibile come il raddoppio del Monte Bianco. La precarietà delle infrastrutture penalizza il Nord-Ovest, mettendo a rischio la libera circolazione di merci e persone, una delle libertà fondamentali dell’Europa.
L’opera – aggiunge Gay – ” è già stata pagata dagli automobilisti con i pedaggi, basterebbe un via libera per iniziare i lavori. In dieci anni si potrebbero avere due canne operative anche durante i cantieri di sicurezza, eliminando i vincoli attuali come il limite di sette mezzi refrigerati per motivi di sicurezza. Il Nord-Ovest convive con un’infrastruttura a singhiozzo, nove mesi su dodici. È inaccettabile: le imprese non possono continuare a subire ritardi e deviazioni che compromettono la competitività e la programmazione logistica”.
Il quadro complessivo, tra ritardi, deviazioni e opere incompiute, rischia di isolare il Piemonte e compromettere la sua capacità di attrarre investimenti.