
Matteo Renzi rivela: “Ho messo i miei figli in difficoltà per colpa del cognome. Berlusconi il politico che mi è stato più vicino”
In una delle ultime puntate di One More Time, il podcast condotto da Luca Casadei, Matteo Renzi si è raccontato in una veste inedita: non quella del politico o dell’ex Presidente del Consiglio, ma dell’uomo, del marito e del padre. Un ritratto in cui il leader di Italia Viva parla dei sacrifici familiari imposti dalla carriera politica e delle prove affrontate insieme alla moglie Agnese Landini.
«L’età adolescenziale dei miei figli, medie e superiori, ha coinciso con l’impegno politico in prima persona. E lì non ti dico che mi sentivo in colpa, perché no, non è vero», racconta. «Però oggettivamente li ho messi in una situazione di difficoltà perché i miei figli erano comunque giudicati innanzitutto per il cognome, quando io ero una delle persone più importanti d’Italia». Un fardello pesante per tre ragazzi cresciuti sotto i riflettori. «Ho una grandissima ammirazione per i miei figli per come sono stati capaci di resistere a questo, perché è un bel test. Mia moglie è stata fondamentale, senza Agnese questa partita non l’avremmo vinta».
Agnese, infatti, è la figura chiave nella storia privata di Renzi. Quando lui pensava di trasferirsi a Roma per motivi istituzionali, lei lo fermò : «Parlo con Agnese e le dico: “Guarda, mi sono un po’ informato, potremmo andare a vivere qui…”. Mia moglie mi guarda e fa: “Io non vengo… Spostiamo i figli – con l’età che allora era 13, 11 e 8 – che devono iscriversi a scuola a Roma e andare con la scorta. Quindi tu te lo sogni, io non vengo”». Una scelta che allora gli sembrò dura, ma che oggi riconosce come decisiva: «Grazie Agnese, perché hai salvato i figli e la famiglia».
Renzi ricorda anche la notte del referendum costituzionale del 2016: «Scopro la mattina che abbiamo perso… Mi chiama la Merkel che mi dice: “Mi raccomando, non ti dimettere”. Alle nove e mezzo di sera chiamo Mattarella e gli dico: “Sergio io mi dimetto”». Quella sconfitta fu l’inizio di un periodo difficile, aggravato dagli attacchi e dall’isolamento successivo.
Oggi, confessa, non gli manca il potere come status, ma come possibilità di agire: «A me manca ancora adesso il potere come possibilità di fare le cose… Potere come verbo mi manca tantissimo».
Nel podcast, il leader di Italia Viva ripercorre anche i momenti più dolorosi, come l’arresto dei genitori: «Quando hanno arrestato i miei genitori e li hanno arrestati per colpa mia… Quel momento lì è stato un momento di buio vero». Ma proprio allora, spiega, ha trovato la forza nella famiglia: «Non sarò mai sufficientemente grato a mia moglie per avere resistito e sono grato ai miei figli per non aver mai dubitato di me».
E conclude con una rivelazione inattesa: «La persona che più mi è stata vicina tra i politici è stata Silvio Berlusconi… Mi fa la classica telefonata da Berlusconi dicendomi: “Capisco tutto, ma la mamma no”, e si mette a piangere al telefono. Aveva questo tratto umano straordinario, aveva questa capacità di compassione».