
Addio al segreto salariale – Dal 2026 potrai conoscere lo stipendio di chi fa il tuo stesso lavoro – Ecco le novità

A partire da giugno 2026, anche in Italia sarà vietata la pratica del segreto salariale, ovvero quella consuetudine che impedisce ai lavoratori di condividere informazioni sulle proprie retribuzioni. È quanto previsto dalla direttiva europea 2023/970, approvata a maggio 2025, con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze salariali tra uomini e donne e garantire maggiore trasparenza nei rapporti di lavoro.
Attualmente, secondo le ultime statistiche, le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto agli uomini. Per colmare questo divario, le nuove regole offriranno a ogni lavoratore, sia del settore pubblico che privato, la possibilità di ottenere informazioni sullo stipendio di chi svolge lo stesso ruolo o mansioni di valore equivalente, anche con riferimento alle retribuzioni medie suddivise per genere.
La direttiva stabilisce infatti che ogni dipendente ha il diritto di ricevere per iscritto dati relativi alla propria retribuzione, oltre che alle retribuzioni medie dei lavoratori che svolgono funzioni simili, distinguendo tra uomini e donne. Queste richieste possono essere inoltrate direttamente o tramite un rappresentante sindacale o un ente per la parità, e il datore di lavoro ha 60 giorni di tempo per fornire una risposta. Se le informazioni risultano poco chiare o lacunose, il dipendente può chiedere ulteriori precisazioni, e ha il diritto di ricevere una giustificazione scritta.
Uno degli elementi centrali della normativa è l’obbligo per gli Stati membri di impedire l’inserimento nei contratti di lavoro di clausole che vietino la condivisione delle informazioni sugli stipendi. In pratica, ai lavoratori non può più essere vietato di rivelare quanto guadagnano. Ma l’utilizzo delle informazioni ottenute da altri colleghi dovrà rimanere circoscritto alla tutela del principio di parità retributiva.
La direttiva si applica a tutti i dipendenti con un rapporto di lavoro definito secondo le leggi nazionali, i contratti collettivi o le prassi in vigore nei singoli Stati membri, tenendo conto anche delle decisioni della Corte di giustizia dell’UE. L’obiettivo generale è quello di rafforzare l’applicazione del principio della parità salariale tra uomini e donne, attraverso strumenti di trasparenza e meccanismi di controllo efficaci.
In caso di discriminazione retributiva fondata sul genere, il lavoratore potrà ottenere un risarcimento completo, che includerà non solo le somme non percepite (salario arretrato e bonus), ma anche indennizzi per il danno morale, per le opportunità professionali perse e per eventuali discriminazioni multiple, oltre agli interessi maturati nel periodo. Se si apre una causa, sarà l’azienda a dover dimostrare di non aver violato la normativa sulla parità salariale.
Con questa nuova direttiva, l’Unione Europea fa un passo deciso verso un modello di lavoro più equo, in cui la parità di trattamento e la trasparenza salariale diventano diritti fondamentali e concretamente esigibili da ogni lavoratore.