
Autovelox, a settembre metà degli apparecchi rischia lo spegnimento

Partirà a settembre la prima mappatura nazionale degli autovelox, un’operazione voluta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) per verificare conformità, marca e modello di ogni apparecchio in funzione. La decisione arriva dopo l’allarme del Codacons, secondo cui dal 18 ottobre molti dispositivi rischierebbero lo spegnimento perché non ancora registrati e privi di omologazione. Per il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini si tratta di “una straordinaria operazione verità, per eliminare i dispositivi fuori norma o utilizzati più per fare cassa che per prevenire comportamenti scorretti alla guida”. Secondo le stime del Codacons, in Italia ci sarebbero oltre 11mila rilevatori di velocità, ma il numero preciso sarà noto solo dopo il monitoraggio.
Fino al 2021, l’omologazione era competenza del Ministero dello Sviluppo Economico (oggi Mimit) e certificava la conformità tecnica e funzionale del dispositivo agli standard nazionali ed europei. L’autorizzazione, invece, rilasciata dal Mit o dalla Prefettura, è un atto amministrativo che ne verifica solo le caratteristiche di base. Dal 2017, il Mit ha equiparato gli autovelox autorizzati con i nuovi standard tecnologici a quelli omologati. Tuttavia, la Cassazione, con sentenze fino a maggio 2025, ha ribadito che “sono legittime solo le multe derivanti da autovelox omologati”, con effetti anche sulla decurtazione dei punti patente, ma non sul ritiro.
Secondo l’Anci, il 59,4% degli autovelox fissi e il 67,2% di quelli mobili sono stati autorizzati prima del 2017: in base al criterio attuale, oltre la metà sarebbe da smantellare. Gli automobilisti possono fare ricorso se nel verbale è indicato che il dispositivo non è omologato. Altri motivi validi includono segnaletica poco visibile o nascosta, mancato preavviso, postazione non segnalata, verbali in fotocopia o mancata notifica. Il ricorso può essere presentato al Giudice di Pace entro 30 giorni o al Prefetto entro 60.
Il decreto Mit di maggio 2024 stabilisce che i tratti di strada dove installare gli autovelox siano individuati dal prefetto e segnalati almeno un chilometro prima fuori dai centri abitati. La distanza minima tra due apparecchi varia da 1 a 4 km a seconda della tipologia di strada. Sulle extraurbane, possono essere collocati solo dove il limite non sia inferiore di oltre 20 km/h rispetto al massimo consentito; nelle urbane, solo se il limite è di 50 km/h, o 30 km/h in presenza di piste ciclabili o percorsi ciclopedonali. I dispositivi mobili possono essere usati solo se è possibile la contestazione immediata.
Un provvedimento di marzo 2025, poi sospeso, avrebbe confermato l’omologazione automatica per i dispositivi installati dopo il 13 giugno 2017, ma per chiudere ogni contenzioso serviranno sia la mappatura sia un nuovo decreto ministeriale che definisca criteri e modalità di trasmissione dei dati.