
Fuga dei Super ricchi da Londra dopo la riforma fiscale – Verità o bufala? Cosa c’è di vero

Da mesi nel Regno Unito si discute di un presunto esodo dei grandi patrimoni, innescato dall’abolizione dello status di “non domiciliato”, un regime fiscale introdotto oltre due secoli fa.
Fino alla scorsa primavera, infatti, gli stranieri residenti potevano pagare tasse solo sui redditi generati nel Paese, senza dover dichiarare guadagni e plusvalenze accumulati all’estero. La riforma voluta dal governo britannico, ereditata dall’attuale premier laburista Keir Starmer ma decisa dal predecessore conservatore Rishi Sunak, ha cancellato questa eccezione con l’obiettivo di incrementare le entrate pubbliche: l’esecutivo punta a raccogliere circa 45 miliardi di dollari entro il 2030.
Le prime reazioni hanno fatto molto rumore. Alcuni milionari hanno annunciato la decisione di lasciare Londra per approdare in Paesi considerati fiscalmente più “ospitali”. L’imprenditore libanese-nigeriano Bassim Haidar, residente nella capitale dal 2010, ha dichiarato che le sue tasse aumenterebbero di cinque o sette volte e che l’imposta di successione del 40% sui beni globali lo ha convinto a guardare verso Dubai o la Grecia. Stesso destino per altri nomi illustri, come l’egiziano Nassef Sawiris, co-proprietario dell’Aston Villa, ora in Italia, o il finanziere tedesco Christian Angermayer, trasferitosi in Svizzera.
Ma al di là delle storie individuali, i dati ufficiali raccontano altro.
L’Office for Budget Responsibility, organismo indipendente di controllo dei conti, aveva stimato che solo una minoranza dei non-dom avrebbe abbandonato la residenza fiscale britannica. E le prime statistiche, confermate anche da analisi del Financial Times, indicano che le partenze sono perfettamente in linea con le previsioni, se non addirittura inferiori. Nessuna emorragia, insomma, e la maggioranza dei grandi contribuenti resta saldamente radicata a Londra e dintorni.
Anche altre ricerche hanno smontato i numeri sensazionalistici diffusi da società private come Henley & Partners, che parlava di 16mila milionari in fuga, quando le verifiche indipendenti ridimensionano la cifra a circa 9.500 su oltre 3 milioni di individui facoltosi: meno dello 0,5%.
Insomma, la tanto evocata “fuga dei ricchi” assomiglia più a una leggenda alimentata da interessi specifici che a un fenomeno di massa. Se alcuni patrimoni scelgono di spostarsi, la maggior parte continua a considerare Londra un centro insostituibile. Per il governo, la riforma resta cruciale: i miliardi che entreranno nelle casse pubbliche nei prossimi anni sono risorse decisive per affrontare un bilancio statale ancora fragile.