
Germania, la produzione industriale torna ai livelli del 2005 – La crisi industriale tedesca pesa anche sull’Italia
È un quadro in chiaroscuro quello che arriva da Berlino. La produzione industriale tedesca nel 2025 sta andando peggio del previsto, confermando le difficoltà di una locomotiva europea che ha perso potenza dopo due anni di recessione consecutivi. Secondo i dati diffusi da Destatis, l’Ufficio federale di statistica, ad agosto la produzione complessiva di industria, edilizia e settore energetico è crollata del 4,3% rispetto al mese precedente, registrando la peggiore contrazione dal marzo 2022, quando la guerra russa in Ucraina sconvolse le catene globali di approvvigionamento.
A trascinare verso il basso l’intero comparto è stato soprattutto il settore automobilistico, che ha segnato un -18,5%. Un dato impressionante, se si considera che l’automotive rappresenta da solo la spina dorsale dell’industria tedesca e il simbolo del suo modello di successo fondato su manifattura, export e innovazione tecnologica. Oggi però quella macchina perfetta sembra essersi inceppata.
Secondo gli analisti, la produzione industriale tedesca è tornata ai livelli del 2005: un arretramento non solo economico ma anche storico, che segna la fine di un’epoca. Le ragioni sono molteplici: l’aumento dei costi energetici, la rigidità delle regole ambientali e una burocrazia sempre più pesante che, di fatto, ha sostituito la strategia industriale con la gestione amministrativa.
Il governo guidato da Friedrich Merz guarda però oltre la congiuntura. Berlino prevede un rimbalzo del Pil nel 2026 e nel 2027, con una crescita superiore alle stime iniziali. Ma per ora la ripresa resta sulla carta: il 2025 rischia di chiudersi come l’anno della stagnazione, con una Germania ferma ai box e un’Europa che attende di capire se la sua potenza trainante saprà riaccendere i motori.
Il problema, però, non riguarda solo la Germania.
Quando la locomotiva europea rallenta, l’intero continente ne risente. L’Italia, cuore produttivo e logistico d’Europa, subisce l’impatto in doppia misura: come fornitore delle grandi filiere tedesche e come sistema industriale che, a sua volta, fatica a trovare una direzione chiara.
L’industria reale perde stabilimenti, occupazione e fiducia. Le politiche del Green Deal europeo, nate per favorire la transizione ecologica, rischiano di soffocare il manifatturiero. Per questo serve un cambio di passo, un ritorno al pragmatismo e al coraggio di difendere la produzione reale, il lavoro, le competenze.
“Non serve un’altra conferenza stampa, serve un sussulto – evidenzia il docente universitario Domenico Della Rosa, esperto del settore – “Serve una rappresentanza che abbia il coraggio di dire che le politiche del GreenDeal, così come sono, stanno soffocando l’industria europea e trasformando il manifatturiero in un museo. Oggi la Germania riscopre la fragilità. L’Italia rischia di scoprire la resa. Ma chi ama davvero il lavoro e la produzione non si arrende alle mode ideologiche. È tempo di tornare a parlare di industria, non più di slogan”.