
Il deficit italiano scende al 3% già nel 2025 grazie al calo dello spread

Il deficit italiano potrebbe raggiungere la fatidica soglia del 3% già nel 2025, con un anno di anticipo rispetto agli impegni presi con Bruxelles. Al Tesoro prevale la prudenza, ma i segnali incoraggianti arrivano soprattutto dal calo della spesa per interessi sul debito pubblico, legato alla riduzione dello spread. Una dinamica che, unita alla crescita delle entrate tributarie, potrebbe consentire all’Italia di uscire prima del previsto dalla procedura di infrazione europea.
Il differenziale tra i titoli italiani e quelli francesi è sceso ai minimi dal 2005, con un dato che – secondo Bloomberg – riflette «un calo significativo del rischio percepito nell’investire in Btp». Lo spread oggi viaggia sotto gli 80 punti base, ben al di sotto dei 140 considerati nel calcolo del deficit 2024. Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, una riduzione strutturale di 30 punti avrebbe già portato a un risparmio di 1,7 miliardi. Ora il vantaggio potrebbe superare i 2,4 miliardi, contribuendo per oltre la metà del fabbisogno necessario a centrare il 3%.
Oltre al calo degli interessi, il governo conta sul buon andamento delle entrate fiscali, già cresciute di 500 milioni nei primi sei mesi dell’anno. Tuttavia, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha invitato alla cautela: «Serve prudenza nelle spese per questo secondo scorcio d’anno», avrebbe detto ai colleghi di governo. Centrare l’obiettivo permetterebbe infatti all’Italia di attivare la clausola che esclude dai conti le spese per la difesa, liberando margini importanti in vista della prossima legge di Bilancio.
Un capitolo centrale della manovra riguarderà la stabilità finanziaria dei Comuni, oggi stretti tra vincoli di bilancio e spese crescenti. Al tavolo tra Mef e Anci, si è discusso della possibilità di rendere più flessibili gli accantonamenti per i crediti di dubbia esigibilità, che valgono circa 6 miliardi l’anno. La proposta prevede di calcolare le riserve non più sulla media degli ultimi cinque anni, ma solo sull’anno precedente. In questo modo si libererebbero circa 600 milioni da destinare a spesa corrente, manutenzioni, stipendi e welfare. I sindaci hanno inoltre segnalato il peso crescente delle spese per i minori stranieri non accompagnati, per i minori affidati e per il sostegno scolastico agli alunni con disabilità, oltre al miliardo aggiuntivo legato ai rinnovi contrattuali del personale.