
Lombardia – Arrestato Del Grande, aveva ucciso madre, padre e fratello. Si muoveva di notte con un pedalò
Elia Del Grande, 49 anni, è stato arrestato dopo essere evaso il 30 ottobre dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia, dove stava scontando la parte finale della pena per l’uccisione dei genitori e del fratello, avvenuta nel 1998.
Dopo 25 anni di reclusione e un periodo in libertà vigilata, era stato affidato alla struttura di reinserimento, da cui è fuggito calandosi con una corda. È stato rintracciato nel suo paese d’origine, Cadrezzate (Varese), all’interno di un’abitazione privata.
Attualmente si trova presso il comando provinciale dei carabinieri di Varese, in attesa delle decisioni del magistrato di Modena. Gli investigatori stanno verificando se qualcuno lo abbia aiutato durante la fuga e la latitanza.
Secondo la procura, Del Grande avrebbe trovato rifugio tra i canneti e le darsene del lago di Monate, spostandosi persino di notte a bordo di un pedalò.
Le indagini, condotte congiuntamente dalle procure e dai carabinieri di Modena e Varese, si sono concentrate fin da subito nella zona del Varesotto, dove l’uomo conosceva bene il territorio. Questa familiarità ha reso difficile la sua cattura, favorita anche da persone che lo avrebbero sostenuto e ospitato durante la fuga.
Del Grande era balzato alle cronache nel gennaio 1998, quando, a soli 22 anni, aveva massacrato i familiari contrari alla sua relazione sentimentale. L’episodio, passato alla storia come “la strage dei fornai”, gli valse una condanna all’ergastolo, poi ridotta a 30 anni per seminfermità mentale. Dopo la lunga detenzione, era stato nuovamente considerato socialmente pericoloso e inserito nella casa lavoro, un istituto misto tra carcere e comunità di reinserimento.
Dopo l’evasione, il 6 novembre aveva inviato una lettera a Varese News spiegando le ragioni del suo gesto: sosteneva di essersi “allontanato” per protesta contro le condizioni delle case lavoro, da lui definite strutture “inadeguate e simili ai vecchi ospedali psichiatrici giudiziari”, dove gli internati, pur non essendo più detenuti, vivrebbero in condizioni di detenzione a tutti gli effetti.