
Torino – Elkann vuole ‘disfarsi’ di Stampa e Repubblica? Ecco la strategia per uscire dagli asset

John Elkann, erede della famiglia Agnelli, è deciso a chiudere il capitolo editoriale legato al gruppo Gedi, che comprende testate storiche come La Repubblica e La Stampa. La gestione di questo comparto si è trasformata in un peso sempre più difficile da sostenere, sia economicamente sia politicamente. Non riuscendo a trovare un acquirente unico disposto ad assorbire l’intero gruppo, Exor – la holding di famiglia – ha optato per una strategia frammentata: smantellare progressivamente gli asset, cercando però di farlo senza provocare reazioni negative da parte delle redazioni e dell’opinione pubblica.
Il caso Repubblica: alla ricerca di un acquirente straniero
La Repubblica rappresenta il nodo più complesso, con una redazione che ha un forte senso di identità e pretende garanzie su chi sarà il prossimo editore. Exor sta quindi sondando il mercato internazionale alla ricerca di un compratore di alto profilo, che possa garantire prestigio e continuità editoriale. Tra i nomi più chiacchierati ci sono Vivendi, il gigante francese guidato da Vincent Bolloré, e il gruppo greco Antenna di Theodore Kyriakou, quest’ultimo con posizioni politiche considerate scomode da parte della redazione storica del quotidiano fondato da Scalfari.
Anche alcune cordate italiane, come quella dell’ex manager Claudio Calabi, si erano mostrate interessate, ma per ora tutto sembra fermo. Lo stesso vale per Andrea Pignataro, imprenditore con risorse economiche considerevoli, ma ancora percepito con diffidenza dai “salotti buoni” del paese.
La Stampa: una questione di eredità familiare
” Se Repubblica è un problema “politico”, la Stampa è una questione di cuore e storia – scrive Lo Spiffero, che fa il quadro della situazione – ” Elkann non può permettersi di abbandonare il quotidiano torinese, storico baluardo della famiglia Agnelli, senza un’operazione che salvi le apparenze. Come il cugino di Largo Fochetti, in via Lugaro sono alle prese con una diffusione in picchiata, conti in proporzione persino peggiori e una struttura anchilosata: quasi 200 tra giornalisti e poligrafici, uno stato maggiore con troppi generali, una prima linea zeppa di colonnelli e una catena di comando lunga come un romanzo russo. Per non dire della identità forse irrimediabilmente smarrita, nell’inseguire effimere ambizioni assecondando velleitari protagonismi personali, infarcendo le pagine di firme, sedicenti grandi e prestigiose, estranee alla tradizione del giornale e al suo legame con la città. Una svolta pagata cara, in tutti i sensi. I costi sono insostenibili per un quotidiano ormai confinato all’ambito regionale, i tagli saranno inevitabili. Il nodo degli organici troppo pesanti non riguarda ovviamente solo Elkann, ma tutti gli editori, alle prese con strutture ereditate da stagioni in cui i bilanci erano un dettaglio trascurabile. Da qui una manovra silenziosa ma decisa per spingere il governo a rifinanziare la legge sull’editoria e agevolare pensionamenti e uscite. Palazzo Chigi, che certo non nutre grande simpatia per un sistema dell’informazione spesso percepito come ostile, aveva finora mostrato scarsa disponibilità. Ma ora qualche spiraglio si apre: perché, pur senza voler fare regali a Elkann o Cairo, anche Meloni non può ignorare le attese di editori più vicini al suo mondo, come Angelucci o la cavaliera Marina Berlusconi. La soluzione? – si legge ancora su Lo Spiffero – “Trasferire la proprietà della testata a una fondazione, a sua volta partecipata da altre fondazioni con una chiara vocazione editoriale, dove la Fondazione Agnelli non solo svolgerebbe il ruolo di garante, ma rappresenterebbe, già nel nome, la continuità con la tradizione e la prova che non si tratta di un disimpegno della famiglia. L’idea, rivelata dai vertici qualche giorno fa in un colloquio con alcuni manager, sarebbe quella di cedere la gestione operativa a terzi, mantenendo però un piede dentro, con una partecipazione nient’affatto simbolica. Un’uscita di scena che suoni come un nobile impegno per “assicurare un futuro glorioso” al giornale, sostenuto da un patrimonio che ne sostenga le proiezioni nel tempo. Ma il trucco è evidente: scaricare le incombenze, evitare il bagno di sangue finanziario e tenere alto il vessillo di casa Agnelli”.