
Roma, una faida criminale dietro alla bomba a casa Demce al Prenestino

Un ordigno piazzato davanti al portone dell’abitazione romana di Elvis Demce, boss albanese detenuto nel carcere di Benevento, ha riacceso i riflettori su una faida sotterranea tra clan per il controllo delle piazze di spaccio a Roma. La bomba, posizionata dove vivono la moglie e le due figlie piccole, non è esplosa per puro caso, evitando una tragedia. O forse si è trattato di un errore voluto, di un avvertimento di tipo mafioso e il mandante non voleva che quell’ordigno esplodesse: gli interrogativi sono aperti. «Non ho nemici», ha commentato Demce non appena saputo del tentativo di attentato. Ma la vera domanda che si pongono oggi gli inquirenti è piuttosto un’altra: ha ancora amici? E se sì, chi sono?
Nel sottobosco criminale romano, il confine tra alleati e nemici è sempre più sottile. Le faide si accendono per debiti non pagati, carichi di droga scomparsi, pagamenti di “welfare criminale” non rispettati. Secondo gli inquirenti dell’Antimafia, sono proprio i tradimenti tra bande rivali o presunti alleati a spingere verso regolamenti di conti sempre più violenti. Un equilibrio precario e instabile, in cui i rapporti si rompono con facilità e gli avvertimenti esplosivi si moltiplicano.
Il recente attentato è avvenuto a pochi giorni da una nuova misura cautelare nei confronti di Demce, accusato di aver orchestrato sequestri a scopo estorsivo dal carcere, operando tramite una banda di sudamericani. Gli stessi che, secondo gli investigatori, avrebbero sparato contro Giancarlo Tei, detto “Lalletto”, amico del boss, l’11 maggio 2024 a Tor Bella Monaca. Scampato miracolosamente, Tei ha poi fatto perdere le sue tracce. Ma la sua ombra aleggia ancora tra Torbella e la Borghesiana, in particolare nel conflitto con gruppi maghrebini rivali, in rotta di collisione con gli italo-albanesi legati alla ‘ndrangheta.
L’inizio del 2025 ha confermato l’escalation. In via Cianciana, alla Borghesiana, la casa di Amine Mohamed Alaya, detto Kalo, già sorvegliato speciale, è stata assaltata con pistole e tritolo, in un’azione degna dei narco-guerriglieri sudamericani. Intanto emergono nuovi dettagli da un’inchiesta che ha portato agli arresti il 15 luglio: tra i materiali raccolti, anche un video di un’estorsione messa in atto dai latinos contro un uomo vicino a Fabrizio Fabietti e al defunto Fabrizio Piscitelli, alias “Diabolik”.
Episodi inquietanti che probabilmente si legano con quanto accaduto anche sul litorale romano: un mese fa, una bomba ha distrutto la palestra del pugile Kevin Di Napoli, detto “Box”, a Ostia. Un altro segnale inquietante, che lega clan di Ostia e Acilia con le batterie vicine ai Senese e ai Molisso, nomi centrali nell’inchiesta sulla morte di Diabolik. In questo scenario, Elvis Demce è al centro di una ragnatela di relazioni pericolose, in cui ogni alleanza può diventare un motivo di morte.
I fatti dimostrano che Roma non è solo teatro di cronaca nera, ma campo di battaglia per organizzazioni criminali strutturate, capaci di agire con metodi sempre più violenti e spettacolari. Le indagini dell’Antimafia, con l’ausilio dei carabinieri di Frascati e della DDA, puntano ora a decifrare il nuovo scacchiere criminale romano, in continua evoluzione tra equilibri instabili, vendette trasversali e traffici internazionali di stupefacenti. La domanda resta: chi protegge ancora Elvis Demce? E chi, invece, ne vuole la fine?