
Dazi, la pasta italiana può diventare ‘bene di lusso’ negli USA – Arriva il super dazio al 107%, rischio crollo dell’export
La pasta italiana rischia di diventare un bene di lusso negli Stati Uniti. Il Dipartimento del Commercio americano ha annunciato un super dazio del 107% (pari al 91,74% medio effettivo) contro tredici produttori italiani, accusati di aver venduto pasta sotto costo. La misura, che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026, minaccia di colpire duramente l’export made in Italy, già penalizzato dai dazi del 15% introdotti durante l’era Trump.
Sotto indagine diretta ci sono La Molisana e Garofalo, accusate di non aver fornito alcune informazioni economiche richieste dagli Stati Uniti. Il dazio, però, si estenderebbe anche ad altre undici aziende non coinvolte direttamente, tra cui Barilla, Rummo, Liguori, Cocco, Agritalia, Antiche Tradizioni di Gragnano e Sgambaro.
L’indagine è nata da una denuncia per dumping presentata da due società americane, tra cui Winland Foods, controllata dal fondo di investimento Investindustrial, lo stesso che partecipa al gruppo italiano Windoria (fusione tra Winland e La Doria). Un vero e proprio caso di “fuoco amico”.
Il governo italiano, attraverso la Farnesina e il Ministero dell’Agricoltura, è intervenuto nel procedimento come parte interessata per sostenere le aziende coinvolte e dimostrare la loro buona fede. «Modalità inaccettabili», ha commentato Luigi Scordamaglia, di Filiera Italia, ricordando che l’Italia sta lavorando per ristabilire relazioni commerciali stabili con Washington.
Se il dazio verrà confermato, il prezzo della pasta italiana negli Usa potrebbe raddoppiare, rendendola un prodotto elitario e provocando un crollo dell’export.
Le aziende con stabilimenti negli Stati Uniti, come Barilla, subiranno invece un impatto minore. Ma per molti produttori italiani si profila una nuova, pesante battaglia sul mercato americano.